1: Inclusione di un gruppo di "controllo".
Alla base di ogni studio clinico interventistico c'è il concetto del confronto. Nella maggior parte dei casi, i ricercatori hanno lo scopo di confrontare ciò che accade a un gruppo di persone che ricevono un potenziale nuovo farmaco (o dispositivo o procedura) rispetto a un gruppo simile di persone che non lo ricevono.
- La prima evidenza di questo tipo di confronto è riportata nell'Antico Testamento intorno al 500 AC. Nebuchadnezzar, Re di Babilonia, credeva che una dieta a base di carne e vino fosse benefica per la salute, ma, secondo il Libro di Daniele, cercò di dimostrarlo dando a Daniele e ai suoi fratelli una dieta a base di verdura e acqua per dieci giorni. Quando si rese conto che erano molto più in salute dei suoi uomini, cambiò opinione sulla nutrizione.
- A un medico scozzese chiamato James Lind viene attribuito il merito di aver condotto il primo studio clinico registrato correttamente nel 1747. Lavorando come chirurgo su una nave, notò un tasso elevato di una condizione letale chiamata scorbuto tra l'equipaggio. A quell'epoca nessuno sapeva che lo scorbuto era causato da una mancanza di vitamina C. Il Dott. Lind divise i marinai colpiti da scorbuto in piccoli gruppi. Tutti dovevano seguire sostanzialmente la stessa dieta, ma a ciascun gruppo fu somministrato un alimento in più da bere o mangiare. Presto divenne chiaro che gli uomini a cui furono dati arance e limoni recuperavano più rapidamente rispetto agli altri.
Nella ricerca clinica moderna, è essenziale assicurarsi che, quando i partecipanti ricevono un potenziale nuovo trattamento, eventuali effetti sulla loro salute siano veramente causati dal quel trattamento. Talvolta le persone iniziano a sentirsi meglio (o peggio) per il corso naturale della loro condizione nel tempo. Ecco perché molti studi clinici devono includere un "gruppo di controllo".
I partecipanti nel gruppo di controllo ricevono le stesse cure degli altri partecipanti, ma a loro non viene somministrato il farmaco sperimentale. Nessuno dei partecipanti allo studio partirà svantaggiato rispetto agli altri perché, all'inizio dello studio, i ricercatori non sanno ancora se il nuovo trattamento sarà utile o meno.
2: "In cieco" e "placebo"
Spesso, è molto importante che nessuno dei partecipanti allo studio sappia a quale gruppo è stato assegnato perché questa conoscenza potrebbe influenzare il suo comportamento. Gli studi in cui si tiene segreta questa informazione sono detti "in cieco". Con questa scelta si evita che le convinzioni e le aspettative dei partecipanti influiscano sui risultati. Poiché il corpo e la mente sono strettamente connessi, alcune persone si sentono meglio (e ottengono anche risultati migliori dei test) se pensano o credono che il trattamento che stanno seguendo li farà sentire meglio. Persino il colore o le dimensioni di una compressa possono influenzare le persone e i loro progressi
Per assicurarsi che i partecipanti allo studio non capiscano a quale gruppo siano stati assegnati, le persone nel gruppo di controllo devono ricevere qualcosa che assomigli al farmaco sperimentale. Può trattarsi di un farmaco già approvato o di un "placebo". Un placebo non è un vero farmaco e non contiene principi attivi, ma ha lo stesso aspetto del farmaco oggetto di studio.
- Il concetto di placebo fu introdotto per la prima volta nel 1863 quando il medico statunitense Austin Flint organizzò uno studio clinico per confromtare un trattamento attivo con uno "fittizio". Il suo studio, che aveva come oggetto pazienti affetti da reumatismi, prevedeva la somministrazione ad alcuni partecipanti di un estratto di erbe al posto del rimedio consolidato per i reumatismi.
Spesso anche i medici che conducono lo studio vengono tenuti all'oscuro per evitare che le loro aspettative influenzino l'esito. In questi casi, lo studio viene definito "in doppio cieco". Sebbene il concetto di "studio in cieco" sia molto importante, non tutti gli studi possono o devono essere in cieco.
- Il primo studio in doppio cieco è stato condotto in Gran Bretagna nel 1943 per testare un possibile trattamento per il comune raffreddore. A questo studio nazionale parteciparono più di mille lavoratori impiegati nelle fabbriche e negli uffici che soffrivano di raffreddore, una missione alquanto complessa in tempo di guerra.
3: "Randomizzazione"
Un altro principio chiave di progettazione degli studi clinici è la modalità con cui i partecipanti vengono assegnati ai gruppi. Se i ricercatori sono liberi di scegliere i partecipanti a cui assegnare il nuovo trattamento, hanno la tendenza naturale ad assegnarlo alle persone che, secondo loro, ne trarranno il massimo beneficio. Se si consentisse al giudizio personale di influenzare questa decisione, il gruppo che riceve il trattamento sarebbe probabilmente avvantaggiato dall'inizio e i risultati dello studio non sarebbero affidabili.
Il modo migliore per eseguire un confronto equo è assegnare i partecipanti ai gruppi a caso (proprio come se si lanciasse una monetina). Oggi, il processo di "randomizzazione" viene eseguito da un computer. Le persone interessate a partecipare allo studio hanno spesso una probabilità del 50% di venire assegnate al gruppo di controllo. È importante capire che l'appartenenza al gruppo di controllo potrebbe non rivelarsi uno svantaggio e che molti studi consentono ai partecipanti al gruppo di controllo di provare il vero trattamento dopo la fine dello studio.
- La randomizzazione fu introdotta per la prima volta nel 1948 da Sir Austin Bradford Hill, ricercatore e statistico inglese. In uno studio che coinvolgeva pazienti affetti da tubercolosi, Bradford Hill decise se un paziente dovesse essere curato con streptomicina antibiotica più riposo a letto, o solo riposo a letto, usando una tabella di numeri casuali. Gli investigatori non sapevano quale paziente avrebbe ricevuto quale trattamento perché i dettagli erano stati chiusi in buste sigillate.
4: Lo studio clinico in doppio cieco, controllato e randomizzato, ma non solo
I tre principi chiave di progettazione degli studi clinici (randomizzazione, incluso un gruppo di controllo con entrambi i partecipanti e i medici tenuti all'oscuro) hanno portato al concetto di studio "in doppio cieco, controllato, randomizzato", considerato universalmente il modo migliore per raccogliere dati affidabili e di alta qualità per dimostrare che un potenziale nuovo farmaco è efficace e sicuro per la cura di una particolare condizione medica.
Tuttavia, molti altri metodi di ricerca sono sempre più usati per generare ulteriori evidenze sull'utilità di trattamenti nuovi ed esistenti. L'era digitale ha aperto a nuovi modi per ottenere evidenze reali, inclusi dettagli su approcci sanitari particolari, da pazienti nella pratica medica di routine.
I progressi tecnologici hanno anche introdotto il concetto di "Big data", in cui le informazioni vengono raccolte su numeri molto elevati di persone e analizzati dall'intelligenza artificiale (AI). Tutto questo contribuisce a delineare un quadro più completo del valore complessivo di cure mediche consolidate ed emergenti.